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La nascita di Crespi d'Adda.
L'opificio tessile cotoniero di Crespi d'Adda fu inaugurato da Cristoforo Benigno
Crespi il 25 luglio 1878.
Cristoforo era un industriale proveniente da una famiglia d'imprenditori cotonieri
di Busto Arsizio, detti "tengitt"
in riferimento alla
loro attività di tintori.
Forte nell'esperienza acquisita nella gestione di stabilimenti tessili, egli
decise di costruire ex novo un grande
insediamento industriale che rispondesse ai canoni della produzione moderna.
La scelta del luogo cadde su un lembo di terra tra Bergamo e Milano, dove
l'Adda incontra il Brembo.
Deviò parte delle acque del fiume creando una diga e un canale per poter
alimentare la centrale idrica che
avrebbe dato energia a tutto lo stabilimento. Nel contempo fu edificata la prima
parte dello stabilimento ad
opera dell'architetto Colla. Le macchine necessarie ad attivare la produzione
furono importate dall'Inghilterra e vista la necessità di avere una parte di
manodopera già specializzata, Cristoforo Crespi fece arrivare sul luogo una
parte di lavoratori già impiegati nelle altre fabbriche, in particolare dalla
zona di Busto Arsizio.
Ad essi offrì una sistemazione stabile nei "palazzotti" i 3 grandi edifici
che si trovano nella parte nord dell'opificio.
Furono predisposte anche una mensa e un piccolo albergo.
All'inaugurazione dello stabilimento fu proprio il primogenito del fondatore,
Silvio di dieci anni, a gettare la prima manciata di cotone in una delle moderne
macchine fatte installare dal padre.
L'aspetto urbanistico.
L'intero assetto urbanistico ruota intorno alla fabbrica: la pianta
del paese prosegue le linee ortogonali dell'opificio per poi svilupparsi secondo
ampi semicerchi che trovano il loro fulcro nel suo ingresso principale.
Il villaggio appare così come un anfiteatro che guarda la fabbrica.
L'insediamento a partire da fine Ottocento, costituisce il risultato
di un progetto ad opera dell'ingegnere Brunati e dell'architetto Pirovano.
L'ordine geometrico, la ripetività degli elementi e l'armonia delle
forme fanno parte di un piano ideale e sociale della grande industria. Riferimenti
alla centralità della fabbrica sono le ciminiere che, insieme alla torre del
castello, sono le emergenze architettoniche che più risaltano, essendo la chiesa
priva di campanile.
Il villaggio costituice, oltre che un esempio straordinario
di company town, un luogo ricco di spunti architettonici ed artistici, oscillanti
tra classicismo e romanticismo. Così la fabbrica e la villa padronale
richiamano lo stile medioevale ( gotico e romanico) mentre la chiesa è una
riproduzione dell'architettura rinascimentale.
Le case operaie si ispirano a modelli
anglosassoni, mentre le ville richiamano l'eclettismo di primo Novecento con
collegamenti al Liberty e il cimitero è di gusto esotico.
Gli elementi
che più risaltano, sia nella fabbrica che nel villaggio, sono i mattoni a vista
e le decorazioni in cotto: marcapiani, greche e modanature in cotto o mattoni
sono costantemente presenti e rendono simili tutte le costruzioni. In particolare
l'abbinamento cromatico del rosso del cotto e il giallo dei muri costituiva
il carattere estetico principale che fu variato nel corso degli anni ma le
politiche di conservazione del villaggio stanno gradualmente ripristinando
i caratteri originali.
La fabbrica.
La fabbrica era il cuore pulsante del villaggio e, dal punto di vista economico,
di tutta l'area circostante.
Si lavorava il cotone e si producevano filati e tessuti di ogni genere, venduti
in Italia e all'estero.
Lo stabilimento è un piano unico e i suoi capannoni sono del tipo a
shed. Nel corso degli anni la fabbrica si ingrandì e con essa anche
il villaggio, si arrivarono ad impiegare, tra uomini, donne e fanciulli, quasi
4000 lavoratori dei quali circa un terzo risiedeva nel villaggio.
La ditta subì una crisi
finanziaria negli anni Venti che culminò nella grande crisi del '29 quando
i Crespi dovettero cedere tutte le loro proprietà e la famiglia abbandonò definitivamente
la società nei primi anni Trenta e quindi anche il villaggio da loro creato.
Le costruzioni del villaggio.
Ai
lati dell'ingresso della fabbrica si trovano le due palazzine sedi degli uffici,
ultimate nel 1924. Queste sono gli edifici più eleganti dello stabilimento,abbelliti
da ricche decorazioni come rosoni in cotto, marcapiani e bifore.
Tra le due
palazzine, come un obelisco, si trova l'altissima ciminiera costruita interamente
in mattoni e simbolo della fabbrica e della nuova era industriale. L'orologio
alla sua base è a sua volta il simbolo del tempo industriale in cui il tempo
dell'uomo non è più scandito dal tempo naturale ( come l'alba e il tramonto e
le stagioni) ma dai ritmi fissi e rigorosi dettati dalla produzione meccanizzata.
Davanti a tutto questo i bellissimi cancelli rossi in ferro battuto.
A Crespi
d'Adda si trovano 3 tipi di abitazione che corrispondono a diverse fasi nella
costruzione del villaggio.
Il primo tipo sono i cosiddetti "palassòc", grandi
case plurifamiliari edificati verso il 1878 che rispondevano all'esigenza di
dare alloggio alla prima manodopera specializzata giunta alla fabbrica. Sono
palazzi di 3 piani che ospitavano 4 famiglie per piano.
Questo tipo di abitazione
fu presto abbandonato e sostituito dalla costruzioni di casette operaie; moderne
costruzioni edificate tra il 1885 e il 1919. Queste furono volute dal figlio
di Cristoforo, Silvio, che prese modello da quelle che aveva visto in Inghilterra
e, pur essendo più costose dei palazzotti, avrebbero garantito condizioni migliori
ai dipendenti e attaccamento alla fabbrica.
Di chiara ispirazione anglosassone presentano una pianta quadrata a
due piani, sono prive di balconi e sono circondate da una recinzione bassa che
racchiude orto e giardino, queste venivano date in affitto solo ai dipendenti
e il costo veniva trattenuto sulla busta paga.
Il
terzo gruppo di case sono le ville assegnate ai capireparto e dirigenti. Le più
belle sono le ultime 7 più a sud, differenti una dall'altra e assegnate ai dirigenti.
Sono costruite con materiali pregiati, pietra viva e legno, hanno più ingressi,
grandi giardini, gazebo e piscine. Nel villaggio ci sono anche 2 cascine destinate
a chi lavorava i terreni di proprietà dei Crespi.
Durante il periodo fascista, quando ormai la famiglia si era allontanata,
alcune costruzioni ( case operaie e scuola) vennero modificate per renderle più consone
all'architettura imperante subendo interventi
tra cui la rimozione delle decorazioni di mattoni a vista, i fregi lungo i sottotetti
e i marcapiani. Non solo, le case vennero tinteggiate di verde e rosso che con
le modanature bianche alludevano alla bandiera nazionale.
Nel tempo l'intero
villaggio rimase di proprietà delle ditte che succedettero ai Crespi nel gestire
lo stabilimento e questa situazione cambiò negli anni 70, quando le casette operaie
furono vendute agli abitanti stessi. Ancora oggi alcune case sono abitate da
discendenti degli operai che lavorarono nella fabbrica.
La scuola del villaggio era privata, forniva un servizio educativo e formava
adeguatamente i futuri dipendenti. Fu costruita nel 1891-93 ed era dotata di
un teatro. Ospitava anche i corsi serali per i lavoratori e il corpo musicale.
La chiesa è la perfetta copia di quella di Busto Arsizio ( paese natale del Crespi)
e fu costruita tra il 1891 e il 93 ad opera del Brunati. Le decorazioni interne
rispecchiano fedelmente quelle del tempio originale e la costruzione è sul medesimo
asse del castello, tanto che dall'altare si può vedere la torre più alta.
La
villa padronale dei Crespi viene chiamata comunemente "Castello" ed è un
estroso progetto dell'architetto Pirovano. Questa villa appare come un imponente
maniero medioevale. Costruita negli anni 1893-4 è situata a nord della
fabbrica, tra il fiume e il villaggio. Ci sono due torri di cui una funge da
serbatoio per l'acqua e l'altra di 50 metri consente di spaziare con lo sguardo
sull'intero territorio.
I Crespi soggiornavano in questa villa sopratutto in
estate mentre durante il resto dell'anno vivevano a Milano.
Il
cimitero è stato costruito
nel 1906 ed è caratterizzato da una sorta di piramide a gradoni -il mausoleo
della famiglia Crespi- e lapidi a forma di croce poste nel prato che erano messe
a disposizione gratuitamente dalla direzione della fabbrica. Le famiglie che
non desideravano questo tipo di sepoltura potevano, a proprie spese, fornirsi
di una tomba differente che veniva collocata a ridosso del muro di cinta.
Gli
altri servizio del villaggio comprendevano il lavatoio, il dopolavoro, i bagni
pubblici, uno spaccio alimentare e un piccolo ospedale.
Nel villaggio fervevano
le iniziative sociali : c'era la banda, le gare sportive, i campionati di tamburello,
i saggi musicali e i corsi di economia domestica oltre alle gite aziendali.
Da testimonianze di anziani del villaggio si apprende che la vita era strettamente
vincolata ai tempi e alle direttive fissate dalla direzione dell'azienda e da
Silvio Crespi in persona.Tutto, dal lavoro al tempo libero, dall'educazione scolastica
alla cura del giardino, doveva essere organizzato secondo norme precise. Le giornate
avevano un loro ritmo e anche il lavoro veniva ricompensato dalla sicurezza di
vivere in un luogo "protetto" e in qualche modo privilegiato. La famiglia
Crespi faceva visita a tutte le case e si preoccupava della salute e dei problemi
delle famiglie. Si viveva in armonia, in serenità, nella convinzione che
fuori la realtà
della vita operaia fosse più difficile.
E' difficile dire se la gente
fosse felice, ma pochissimi furono quelli che abbandonarono il villaggio per
andare a vivere altrove.
Per capire il clima di privilegio che regnava nel
villaggio basti pensare che Silvio Crespi aveva stipulato un accordo con l'Ospedale
Maggiore di Milano per il diritto di prelazione di posti letto per i propri dipendenti
e, quando nasceva un bambino, Crespi pagava personalmente una levatrice che assisteva
al parto. I bambini avevano, come gli adulti, i biglietti ingresso per andare
ai bagni pubblici e guai per chi non lo faceva.
Poche malattie infettive,
quasi nullo l'alcolismo e una situazione igienica buona denotavano una gestione
attenta della salute pubblica.
Una bella domenica di settembre mi sono recata al villaggio per documentare fotograficamente
il luogo, per puro caso ho trovato nel sito, una bella compagnia di persone che,
abbigliate in modo British/vintage, giravano per il paese a cavallo di biciclette
d'epoca.
Occasione ghiotta per fotografare anche loro.
Trovate gli album del villaggio e del gruppetto cliccando sulle immagini sottostanti.
Durante la mia visita ad Expo 2015, nel padiglione zero, ho trovato una rappresentazione
del modellino del villaggio.
Nel
settembre del 2016, ad un anno dalla mia prima visita, in occasione della riattivazione della centrale idroelettrica costruita nel villaggio nel 1906, mi sono recata per la seconda volta nel luogo e ho visitato quest'opera rimessa in funzione proprio 2 giorni prima della mia visita, c'era ancora attaccato al muro uno spezzone del nastro tricolore tagliato all'inaugurazione.
Un po' di storia.
Era il 1877 quando Cristoforo Benigno Crespi decise di costruire una fabbrica tessile lungo il corso del fiume Adda.
La prima opera che dovette realizzare fu il canale di derivazione dell'acqua per alimentare la centrale idromeccanica. Grazie alle turbine e ai sistemi di trasmissione alloggiati nel piano sotterraneo della fabbrica, vennero movimentati i primi fusi del reparto filatura.
Successivamente, nei primi anni ottanta del XIX secolo, venne realizzata una centrale termica che permise di aumentare la quantità di energia disponibile e l'imiego di un maggior numero di fusi. Grazie all'utilizzo di un generatore vennero illuminati anche parte della fabbrica e del villaggio.
Nel 1906 fu costruita anche la centrale idroelettrica Taccani a Trezzo sull'Adda.
Il crescente fabbisogno di energia portò l'imprenditore
a convertire la centrale idromeccanica originaria in idroelettrica.
Fece perciò costruire l'attuale centrale Crespi che iniziò a produrre energia dal 1909 utilizzando tre innovative turbine Francis, ad asse verticale, di 1000 Kva ciascuna e la centrale idromeccanica venne così smantellata.
In seguito i proprietari della fabbrica rinunciarono nel 1941 al diritto prioritario di sfruttamento idroelettrico della centrale Crespi riducendo significativamente la capacità di produzione di energia elettrica a favore del Linificio Canapificio Nazionale SA.
La centrale rimase in funzione fino alla chiusura definitiva dello stabilimento tessile.
Nel 2011 la centrale di Crespi venne ceduta alla Società Adda Energi che rinnovò la concessione e diede avvio alle pratiche per la riattivazione dell'impianto.
Nel 2015 vennero avviati i lavori di ripristino dei macchinari e il restauro conservativo degli immobili.
L'attuale riattivazione della centrale MCMIX rappresenta un equilibrato connubio tra preservazione del valore storico-artistico della struttura e l'impego della migliore innovazione tecnologica oggi disponibile.
L'installazione di due nuove turbine del tipo "Kaplan biregolante" ad asse verticale da 1200 Kva ciascuna, consente infatti una maggiore efficienza nella produzione di energia elettrica in un contesto architettonico integralmente conservato.
Per vedere l'album fotografico della centrale idroelettrica cliccate
Mappa, veduta aerea, foto d'epoca della centrale, foto delle nuove turbine e testi
estrapolati dalla brochure Associazione Culturale Villaggio Crespi www.villaggiocrespi.it
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